La dialettica tra presenza/assenza, vivi/morti, tra prosa/poesia in Eugenio Montale, si configura come metafora profonda per la rappresentazione della perdita: la dimensione memoriale, nella prosa Sul limite si fa occasione di racconto post-mortem il cui più immediato riferimento è il Dante del Purgatorio. In questa prosa, la figura paterna rimanda immediatamente alla poesia Voce giunta con le Folaghe: nella prosa (Sul limite) e nella poesia (Voce giunta con le folaghe) l’atmosfera purgatoriale dà vita a un oltrevita più umano rispetto all’inferno terrestre e a una Clizia capace di contrastarlo: apre al poeta una terza strada, posta in un mezzo purgatoriale in cui la purificazione non si distacca dalla memoria del terreno ma, al contrario, è incentrata su quello stesso passato. Il componimento si chiude con un’eco dantesca, in un abbraccio mancato tra ombre, ma questa volta, in posizione antidantesca, gettando luce sul finale della prosa: la tensione al creatore è sostituita dal desiderio di rioccupare quel «vuoto inabitato» che ancora aspetta un ritorno, o forse aspetta di essere ricoperto con una parola, «fuori», con un nome, Clizia. Quest’ultima, che appare e dispare come un fantasma, è una donna/soglia: una presenza-assenza che, anche se «fuori», ancora non si «disincarna».
Riprese dantesche Sul limite
Lega, Carmen
2025-01-01
Abstract
La dialettica tra presenza/assenza, vivi/morti, tra prosa/poesia in Eugenio Montale, si configura come metafora profonda per la rappresentazione della perdita: la dimensione memoriale, nella prosa Sul limite si fa occasione di racconto post-mortem il cui più immediato riferimento è il Dante del Purgatorio. In questa prosa, la figura paterna rimanda immediatamente alla poesia Voce giunta con le Folaghe: nella prosa (Sul limite) e nella poesia (Voce giunta con le folaghe) l’atmosfera purgatoriale dà vita a un oltrevita più umano rispetto all’inferno terrestre e a una Clizia capace di contrastarlo: apre al poeta una terza strada, posta in un mezzo purgatoriale in cui la purificazione non si distacca dalla memoria del terreno ma, al contrario, è incentrata su quello stesso passato. Il componimento si chiude con un’eco dantesca, in un abbraccio mancato tra ombre, ma questa volta, in posizione antidantesca, gettando luce sul finale della prosa: la tensione al creatore è sostituita dal desiderio di rioccupare quel «vuoto inabitato» che ancora aspetta un ritorno, o forse aspetta di essere ricoperto con una parola, «fuori», con un nome, Clizia. Quest’ultima, che appare e dispare come un fantasma, è una donna/soglia: una presenza-assenza che, anche se «fuori», ancora non si «disincarna».File | Dimensione | Formato | |
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