Questo breve saggio è un estratto da un lavoro di tesi magistrale dal titolo «Potevo arrivare al mare anche senza di loro». Ethos e campo letterario negli esuli di Fiume. Dopo una riflessione sul mito ungherese di Fiume e l’uso politico che la Corona magiara fece del concetto di corpus separatum, viene approfondita l’opera di Géza Kenedi e Lőrinc Szabó. Nel breve periodo che frequentarono la città, questi autori rimasero investiti dal peso storico e mitico caratterizzante Fiume. Géza Kenedi supera una produzione apparentemente sottoposta alle regole del campo del potere ungherese e individua una forma di devozione per una città e un ethos di libertà andati apparentemente perduti per sempre. Lőrinc Szabó sviluppa invece una forma di ethos del ricordo, rievocando tra resoconti di viaggio e poesia un sentimento di profonda appartenenza alla città e dimostrando come i confini del campo letterario siano sempre attraversabili da coloro che scelgono di sottoporsi alle poste in gioco lì attive. Allontanandosi dalla Fiume “porta sul mare” e dalla narrazione del periodo del dualismo come momento di massimo splendore della città, le produzioni di Kenedi e Szabó dimostrano una loro originale indipendenza, segno di una “fiumanità di passaggio” investita da un sincero ethos fiumano e rifiutante la violenza simbolica del governo ungherese, interessato alla forza politica del mito del “mare ungherese”.
Fiumanità di passaggio in Géza Kenedi e Lőrinc Szabó
Dal Bello, Nicolò
2024-01-01
Abstract
Questo breve saggio è un estratto da un lavoro di tesi magistrale dal titolo «Potevo arrivare al mare anche senza di loro». Ethos e campo letterario negli esuli di Fiume. Dopo una riflessione sul mito ungherese di Fiume e l’uso politico che la Corona magiara fece del concetto di corpus separatum, viene approfondita l’opera di Géza Kenedi e Lőrinc Szabó. Nel breve periodo che frequentarono la città, questi autori rimasero investiti dal peso storico e mitico caratterizzante Fiume. Géza Kenedi supera una produzione apparentemente sottoposta alle regole del campo del potere ungherese e individua una forma di devozione per una città e un ethos di libertà andati apparentemente perduti per sempre. Lőrinc Szabó sviluppa invece una forma di ethos del ricordo, rievocando tra resoconti di viaggio e poesia un sentimento di profonda appartenenza alla città e dimostrando come i confini del campo letterario siano sempre attraversabili da coloro che scelgono di sottoporsi alle poste in gioco lì attive. Allontanandosi dalla Fiume “porta sul mare” e dalla narrazione del periodo del dualismo come momento di massimo splendore della città, le produzioni di Kenedi e Szabó dimostrano una loro originale indipendenza, segno di una “fiumanità di passaggio” investita da un sincero ethos fiumano e rifiutante la violenza simbolica del governo ungherese, interessato alla forza politica del mito del “mare ungherese”.File | Dimensione | Formato | |
---|---|---|---|
EPA02025_RSU_23_2024_049-064.pdf
accesso aperto
Tipologia:
Versione Editoriale (PDF)
Licenza:
Copyright dell'editore
Dimensione
455.44 kB
Formato
Adobe PDF
|
455.44 kB | Adobe PDF | Visualizza/Apri |
I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.