The essay offers a reading of Biancamaria Frabotta’s book of senility, Da mani mortali (2012), in which the author has to come to terms with the time that remains, while shrinks the «physical and mental space» of what Frabotta herself called viandanza. The loneliness of old age is accompanied by the ‘phantasmata’ of the poets, who, although they know that mortal life is destined not to be reborn, adhere to the work of hands: whether poems or flowers, mortal hands shape what remains and resists. Caring for what is there, in the present, or what is destined to remain, in the long future devoid of the self, is therefore the only possible perspective, the only form of survival. The essay also follows the constitution of the final collection, starting with the various plaquettes of which it is composed: Frabotta sews, modifies and adapts the pre-existing poems, to give them the form of a book. The final arrangement brings out a secret mournful undercurrent, which finds Homeric accents in addressing the theme of death, and the disappearance of close friends.

Il saggio offre una lettura del libro della senilità di Biancamaria Frabotta, Da mani mortali (2012), nel quale l’io deve fare i conti con il tempo che resta (sulla scorta del Petrarca del Secretum), mentre si restringe «lo spazio fisico e mentale» di quella che Frabotta stessa aveva denominato viandanza. La nuova solitudine della vecchiaia è accompagnata dai ‘fantasmi’ dei poeti, che pur sapendo che la vita dei mortali è destinata a non rinascere, aderiscono all’opera delle mani: che siano le poesie o i fiori – l’educazione dei biancospini –, le mani mortali danno forma a ciò che resta e resiste. La cura di ciò che c’è, nel presente, o che è destinato a rimanere, nel lungo futuro privo dell’io, è dunque l’unica prospettiva possibile, l’unica forma di sopravvivenza. Il saggio segue minuziosamente anche la costituzione della raccolta definitiva, a partire dalle varie plaquettes di cui è composta: come le è usuale, Frabotta cuce, modifica e adatta le poesie preesistenti, per dare loro la forma di libro. La sistemazione ultima ne fa emergere una segreta corrente luttuosa, che ritrova accenti omerici nell’affrontare il tema della morte, e della scomparsa degli amici più cari.

La senilità e la cura: Da mani mortali (2012) di Biancamaria Frabotta

Stroppa, Sabrina
2024-01-01

Abstract

The essay offers a reading of Biancamaria Frabotta’s book of senility, Da mani mortali (2012), in which the author has to come to terms with the time that remains, while shrinks the «physical and mental space» of what Frabotta herself called viandanza. The loneliness of old age is accompanied by the ‘phantasmata’ of the poets, who, although they know that mortal life is destined not to be reborn, adhere to the work of hands: whether poems or flowers, mortal hands shape what remains and resists. Caring for what is there, in the present, or what is destined to remain, in the long future devoid of the self, is therefore the only possible perspective, the only form of survival. The essay also follows the constitution of the final collection, starting with the various plaquettes of which it is composed: Frabotta sews, modifies and adapts the pre-existing poems, to give them the form of a book. The final arrangement brings out a secret mournful undercurrent, which finds Homeric accents in addressing the theme of death, and the disappearance of close friends.
2024
Il saggio offre una lettura del libro della senilità di Biancamaria Frabotta, Da mani mortali (2012), nel quale l’io deve fare i conti con il tempo che resta (sulla scorta del Petrarca del Secretum), mentre si restringe «lo spazio fisico e mentale» di quella che Frabotta stessa aveva denominato viandanza. La nuova solitudine della vecchiaia è accompagnata dai ‘fantasmi’ dei poeti, che pur sapendo che la vita dei mortali è destinata a non rinascere, aderiscono all’opera delle mani: che siano le poesie o i fiori – l’educazione dei biancospini –, le mani mortali danno forma a ciò che resta e resiste. La cura di ciò che c’è, nel presente, o che è destinato a rimanere, nel lungo futuro privo dell’io, è dunque l’unica prospettiva possibile, l’unica forma di sopravvivenza. Il saggio segue minuziosamente anche la costituzione della raccolta definitiva, a partire dalle varie plaquettes di cui è composta: come le è usuale, Frabotta cuce, modifica e adatta le poesie preesistenti, per dare loro la forma di libro. La sistemazione ultima ne fa emergere una segreta corrente luttuosa, che ritrova accenti omerici nell’affrontare il tema della morte, e della scomparsa degli amici più cari.
Biancamaria Frabotta, Poesia italiana contemporanea, Old age, Senilità
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.12071/41008
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