L’intervento intende concentrarsi sul tema del viaggio impossibile in luoghi altri, attraverso l’analisi comparata dell’opera di due autori amici e contigui: Il Pellegrinaggio alle Sorgenti di Giuseppe Lanza del Vasto (apparso in lingua italiana nel 1953), e Il monte Analogo di René Daumal, pubblicato postumo nel 1952. Entrambi gli autori modulano il tema in chiave ascetica: il movente dell’homo viator è qui un empito di natura spirituale, che intende soddisfarsi per tramite di una quête in terra estranea, ignota e terribile (l’India per l’europeo protagonista del Pellegrinaggio, l’immaginaria isola del Monte Analogo per gli alpinisti di Daumal), e nel susseguente approdo al topos della scalata alla vetta. Ma il traguardo ultimo, che siano le fonti del Gange o la cima del Monte Analogo, assume presto i connotati di quanto Rudolf Otto definisce, nel suo classico saggio sul Sacro, il Totalmente Altro: mysterium terribilis, irraggiungibile per via spaziale, ontologicamente estraneo e costretto a una distanza che si rivela incolmabile. Un’esperienza del limite che è tuttavia premessa a un nuovo, opposto slancio utopistico: lo scandaglio, attraverso il dialogo interumano, della sua dimensione terrena, che apra infine a quanto Luc Dietrich, altro scrittore sodale ai due, definì le bonheur des tristes. La nostra lettura mostrerà come questa rappresentazione del pellegrinaggio a una conoscenza negata si realizzi attraverso il ribaltamento di alcuni motivi tradizionali della narrativa di viaggio – impeto alla conoscenza, mirabilia, superamento delle difficoltà lungo l’itinerario – in un processo tutto interno alla logica letteraria. Il meraviglioso raggiungibile di ieri si fa così, in queste opere, tragico irraggiungibile dell’oggi: un’autentica “apodemica dell’assurdo”, presso cui individuare i tratti fondanti l’immaginario dell’Altrove proprio della cultura letteraria novecentesca
L’irraggiungibile utopico come totalmente altro. Note a una lettura comparata di René Daumal e Giuseppe Lanza del Vasto
Luca Padalino
2021-01-01
Abstract
L’intervento intende concentrarsi sul tema del viaggio impossibile in luoghi altri, attraverso l’analisi comparata dell’opera di due autori amici e contigui: Il Pellegrinaggio alle Sorgenti di Giuseppe Lanza del Vasto (apparso in lingua italiana nel 1953), e Il monte Analogo di René Daumal, pubblicato postumo nel 1952. Entrambi gli autori modulano il tema in chiave ascetica: il movente dell’homo viator è qui un empito di natura spirituale, che intende soddisfarsi per tramite di una quête in terra estranea, ignota e terribile (l’India per l’europeo protagonista del Pellegrinaggio, l’immaginaria isola del Monte Analogo per gli alpinisti di Daumal), e nel susseguente approdo al topos della scalata alla vetta. Ma il traguardo ultimo, che siano le fonti del Gange o la cima del Monte Analogo, assume presto i connotati di quanto Rudolf Otto definisce, nel suo classico saggio sul Sacro, il Totalmente Altro: mysterium terribilis, irraggiungibile per via spaziale, ontologicamente estraneo e costretto a una distanza che si rivela incolmabile. Un’esperienza del limite che è tuttavia premessa a un nuovo, opposto slancio utopistico: lo scandaglio, attraverso il dialogo interumano, della sua dimensione terrena, che apra infine a quanto Luc Dietrich, altro scrittore sodale ai due, definì le bonheur des tristes. La nostra lettura mostrerà come questa rappresentazione del pellegrinaggio a una conoscenza negata si realizzi attraverso il ribaltamento di alcuni motivi tradizionali della narrativa di viaggio – impeto alla conoscenza, mirabilia, superamento delle difficoltà lungo l’itinerario – in un processo tutto interno alla logica letteraria. Il meraviglioso raggiungibile di ieri si fa così, in queste opere, tragico irraggiungibile dell’oggi: un’autentica “apodemica dell’assurdo”, presso cui individuare i tratti fondanti l’immaginario dell’Altrove proprio della cultura letteraria novecentescaFile | Dimensione | Formato | |
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