Il contributo intende ripercorrere l’evoluzione che l’immagine intellettuale di Enrico Pea attraversa tra il 1914 e il 1958, anno della scomparsa, traducendola in quanto Jurij M. Lotman e Boris A. Uspenskij chiamano izgoj, «degradato», vale a dire soggetto al tempo estraneo e interno al sistema socio-culturale d’appartenenza. Attraverso tale prospettiva è infatti possibile individuare i modi tramite cui la società intellettuale converte l’anomalia rappresentata dall’opera e dalla formazione autodidatta di Pea, fissandola nei termini di «scrittura d’eccezione»: eccentrica e irregolare, oggetto di un’assimilazione apparente per una differenza che permane insoluta. Le ragioni di tale cristallizzazione saranno rintracciate — attraverso la teoria dei campi di Pierre Bourdieu — nel proposito di convertire detta estraneità culturale in capitale simbolico utile all’autodescrizione del campo letterario presso cui viene accolto, specie per quanto concerne l’avanguardia fiorentina della «Voce» e la scena ermetica degli anni Trenta. L’argomentazione troverà respiro in testimonianze epistolari e dichiarazioni dirette dell’autore e dei critici a lui più prossimi, nell’ulteriore tentativo di delineare per tramite del caso Pea le dinamiche di autonomizzazione e consolidamento del campo letterario italiano per il periodo preso in esame, nonché dell’ordine discorsivo modellato per descriverli
Lo scrittore «estraneo» tra extrasistematicità e capitalizzazione simbolica: il caso dell' «izgoj» Enrico Pea
Luca Padalino
2019-01-01
Abstract
Il contributo intende ripercorrere l’evoluzione che l’immagine intellettuale di Enrico Pea attraversa tra il 1914 e il 1958, anno della scomparsa, traducendola in quanto Jurij M. Lotman e Boris A. Uspenskij chiamano izgoj, «degradato», vale a dire soggetto al tempo estraneo e interno al sistema socio-culturale d’appartenenza. Attraverso tale prospettiva è infatti possibile individuare i modi tramite cui la società intellettuale converte l’anomalia rappresentata dall’opera e dalla formazione autodidatta di Pea, fissandola nei termini di «scrittura d’eccezione»: eccentrica e irregolare, oggetto di un’assimilazione apparente per una differenza che permane insoluta. Le ragioni di tale cristallizzazione saranno rintracciate — attraverso la teoria dei campi di Pierre Bourdieu — nel proposito di convertire detta estraneità culturale in capitale simbolico utile all’autodescrizione del campo letterario presso cui viene accolto, specie per quanto concerne l’avanguardia fiorentina della «Voce» e la scena ermetica degli anni Trenta. L’argomentazione troverà respiro in testimonianze epistolari e dichiarazioni dirette dell’autore e dei critici a lui più prossimi, nell’ulteriore tentativo di delineare per tramite del caso Pea le dinamiche di autonomizzazione e consolidamento del campo letterario italiano per il periodo preso in esame, nonché dell’ordine discorsivo modellato per descriverliFile | Dimensione | Formato | |
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