Il saggio si presenta come un excursus sociologico e socio-linguistico che permette di analizzare in maniera critica i limiti e le prospettive dell’utilizzo di un linguaggio non aperto alle differenze, intrecciando i piani delle identità e delle strutture linguistiche. Il linguaggio non svolge soltanto una funzione informativa, ma riesce a mostrare e ribadire anche l’ordine sociale. Il suo uso nel quotidiano identifica socialmente i soggetti, sostenendo le ideologie legate a ruoli, generi ed aspettative. Dopo aver passato in rassegna gli espedienti già adottati nel contesto contemporaneo in alcune lingue—come l’inglese, lo svedese e il francese—per andare oltre la dicotomia maschile/femminile, l’articolo si concentra sulle soluzioni che muovono in questa stessa direzione per quanto riguarda l’italiano, ma anche sulle parole e sugli espedienti linguistici dell’ideologia (politica e religiosa) che mirano a stigmatizzare e creare confusione rispetto ai temi dell’identità di genere e dell’orientamento sessuale. Tale operazione appare necessaria per individuare, da un lato, i rischi nei quali si incorre attraverso l’utilizzo di un linguaggio non politically correct e dall’altro lato, quelli che in questa sede chiameremo “gli asterischi,” ovvero le possibili soluzioni linguistiche utilizzate per far fronte alla mancanza di un linguaggio neutro e non aperto alle differenze. L’articolo si conclude con una riflessione sul possibile ruolo delle scienze sociali per fornire i dispositivi culturali più appropriati in favore di una sempre più crescente inclusività.

Un linguaggio più inclusivo? Rischi e asterischi nella lingua italiana

Ilaria Marotta;
2016-01-01

Abstract

Il saggio si presenta come un excursus sociologico e socio-linguistico che permette di analizzare in maniera critica i limiti e le prospettive dell’utilizzo di un linguaggio non aperto alle differenze, intrecciando i piani delle identità e delle strutture linguistiche. Il linguaggio non svolge soltanto una funzione informativa, ma riesce a mostrare e ribadire anche l’ordine sociale. Il suo uso nel quotidiano identifica socialmente i soggetti, sostenendo le ideologie legate a ruoli, generi ed aspettative. Dopo aver passato in rassegna gli espedienti già adottati nel contesto contemporaneo in alcune lingue—come l’inglese, lo svedese e il francese—per andare oltre la dicotomia maschile/femminile, l’articolo si concentra sulle soluzioni che muovono in questa stessa direzione per quanto riguarda l’italiano, ma anche sulle parole e sugli espedienti linguistici dell’ideologia (politica e religiosa) che mirano a stigmatizzare e creare confusione rispetto ai temi dell’identità di genere e dell’orientamento sessuale. Tale operazione appare necessaria per individuare, da un lato, i rischi nei quali si incorre attraverso l’utilizzo di un linguaggio non politically correct e dall’altro lato, quelli che in questa sede chiameremo “gli asterischi,” ovvero le possibili soluzioni linguistiche utilizzate per far fronte alla mancanza di un linguaggio neutro e non aperto alle differenze. L’articolo si conclude con una riflessione sul possibile ruolo delle scienze sociali per fornire i dispositivi culturali più appropriati in favore di una sempre più crescente inclusività.
2016
genere, linguaggio, inclusività, asterischi
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.12071/32609
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