Il saggio rilegge la canzone 270 inserendola nel suo contesto (l'inizio della seconda parte dei "Rerum vulgarium fragmenta"), nel quale, dopo il planctus della canz. 268, il pensiero dell'Io si volge alla 'consolatio'. Confrontata con la trattatistica di riferimento, quale il "De excessu fratris sui Satyri" di sant'Ambrogio, e con le coeve riflessioni petrarchesche sulla morte (l'ecloga Galathea, le Familiari dell'anno della peste), la canzone mostra così di enucleare il tema della consolazione, ricavato dalla percezione che il tempo non può tornare indietro, e che nessuna potenza, ivi compresa quella del dio Amore, può restituire Laura viva. In particolare, nella Fam. VIII 1 a Stefano Colonna il Vecchio (8 sett. 1348) si ravvisano elementi che tornano nell'ultima stanza della canzone e nel congedo, nell'esortazione a "lasciar andare ciò che non si può ottenere che ritorni".
Quel che Dio non può fare. La consolatoria e il pensiero della morte (Rvf 270)
Stroppa, Sabrina
2010-01-01
Abstract
Il saggio rilegge la canzone 270 inserendola nel suo contesto (l'inizio della seconda parte dei "Rerum vulgarium fragmenta"), nel quale, dopo il planctus della canz. 268, il pensiero dell'Io si volge alla 'consolatio'. Confrontata con la trattatistica di riferimento, quale il "De excessu fratris sui Satyri" di sant'Ambrogio, e con le coeve riflessioni petrarchesche sulla morte (l'ecloga Galathea, le Familiari dell'anno della peste), la canzone mostra così di enucleare il tema della consolazione, ricavato dalla percezione che il tempo non può tornare indietro, e che nessuna potenza, ivi compresa quella del dio Amore, può restituire Laura viva. In particolare, nella Fam. VIII 1 a Stefano Colonna il Vecchio (8 sett. 1348) si ravvisano elementi che tornano nell'ultima stanza della canzone e nel congedo, nell'esortazione a "lasciar andare ciò che non si può ottenere che ritorni".File | Dimensione | Formato | |
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