La tecnologia ha spesso giocato un ruolo importante nella nascita di una nuova scienza o nella morte di un’altra: l’improvvisa disponibilità di nuove tecniche di indagine e di raccolta stimola prevedibilmente la costruzione di differenti modelli interpretativi. In effetti oggi è l’intero ambito delle Humanities a essere posto in questione, sollecitato e rimodellato dalle tecnologie digitali. Lo spostamento dal supporto cartaceo al digitale ha conseguenze decisive sul modo in cui leggiamo, annotiamo, memorizziamo un testo, e influisce in modo ancora oggi scarsamente indagato sulle nostre modalità di attenzione. Interessato all’esplorazione delle potenzialità della realtà virtuale, musicista e programmatore, Jaron Lanier si occupa da tempo di diritti d’autore e economia della Rete. In La dignità ai tempi di internet riflette sulla deriva ultraconcentrazionaria della Rete e le sue conseguenze sulla “classe media”. Sviluppatasi come luminosa utopia, la gratuità dei contenuti online si è risolta in una devastante distruzione di ricchezza per i produttori – i “creativi” – a tutto vantaggio degli operatori over-the-top. Lanier non si limita a deplorare, ma propone un correttivo, che chiama di “informazione umanistica”: i produttori dovrebbero percepire royalties per i contenuti caricati e diffusi in Rete. Non c’è dubbio che una migliore distribuzione dei diritti commerciali gioverebbe alle sorti della “classe media”, dunque dell’intera democrazia occidentale, attualmente incapace di porre rimedio a una crescita smisurata delle disuguaglianze. E’ tuttavia possibile che le impellenze in agenda siano almeno due. Se da un lato si tratta di immaginare nuovi modelli economici, dall’altro occorre equipaggiare la Rete di contenuti di qualità, o per meglio dire portare in Rete la ricerca a costi contenuti. E’ il punto dell’Open Access, su cui insistono, oltre a numerose comunità di ricercatori in tutto il mondo, teorici critici della Rete come Geert Lovink. Non intendo qui proporre una rassegna delle diverse posizioni né discutere in dettaglio le prospettive. Vorrei invece fare un passo indietro rispetto al discorso tecnoumanistico per concentrarmi su alcuni aspetti retorici. Come modellare il nostro uso della lingua scritta in rapporto alla sua possibile circolazione on line? Vale la pena interrogarsi sul modo in cui gli studiosi di discipline umanistiche possono immaginare di rivolgersi a un pubblico più esteso, non specialistico, abituato in misura crescente a cercare informazione e conoscenze sul Web.

Rete e Ricerca

DANTINI M
2014-01-01

Abstract

La tecnologia ha spesso giocato un ruolo importante nella nascita di una nuova scienza o nella morte di un’altra: l’improvvisa disponibilità di nuove tecniche di indagine e di raccolta stimola prevedibilmente la costruzione di differenti modelli interpretativi. In effetti oggi è l’intero ambito delle Humanities a essere posto in questione, sollecitato e rimodellato dalle tecnologie digitali. Lo spostamento dal supporto cartaceo al digitale ha conseguenze decisive sul modo in cui leggiamo, annotiamo, memorizziamo un testo, e influisce in modo ancora oggi scarsamente indagato sulle nostre modalità di attenzione. Interessato all’esplorazione delle potenzialità della realtà virtuale, musicista e programmatore, Jaron Lanier si occupa da tempo di diritti d’autore e economia della Rete. In La dignità ai tempi di internet riflette sulla deriva ultraconcentrazionaria della Rete e le sue conseguenze sulla “classe media”. Sviluppatasi come luminosa utopia, la gratuità dei contenuti online si è risolta in una devastante distruzione di ricchezza per i produttori – i “creativi” – a tutto vantaggio degli operatori over-the-top. Lanier non si limita a deplorare, ma propone un correttivo, che chiama di “informazione umanistica”: i produttori dovrebbero percepire royalties per i contenuti caricati e diffusi in Rete. Non c’è dubbio che una migliore distribuzione dei diritti commerciali gioverebbe alle sorti della “classe media”, dunque dell’intera democrazia occidentale, attualmente incapace di porre rimedio a una crescita smisurata delle disuguaglianze. E’ tuttavia possibile che le impellenze in agenda siano almeno due. Se da un lato si tratta di immaginare nuovi modelli economici, dall’altro occorre equipaggiare la Rete di contenuti di qualità, o per meglio dire portare in Rete la ricerca a costi contenuti. E’ il punto dell’Open Access, su cui insistono, oltre a numerose comunità di ricercatori in tutto il mondo, teorici critici della Rete come Geert Lovink. Non intendo qui proporre una rassegna delle diverse posizioni né discutere in dettaglio le prospettive. Vorrei invece fare un passo indietro rispetto al discorso tecnoumanistico per concentrarmi su alcuni aspetti retorici. Come modellare il nostro uso della lingua scritta in rapporto alla sua possibile circolazione on line? Vale la pena interrogarsi sul modo in cui gli studiosi di discipline umanistiche possono immaginare di rivolgersi a un pubblico più esteso, non specialistico, abituato in misura crescente a cercare informazione e conoscenze sul Web.
2014
Rete; ricerca; traduzione; Humanities
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.12071/1208
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