La comunicazione si propone di portare un contributo all’analisi dell’influsso che sulla linguistica italiana del Novecento è stato esercitato da alcuni protagonisti della ricerca linguistica europea tra Otto e Novecento: F. de Saussure, H. Schuchardt, J. Gilliéron, Ch. Bally, L. Spitzer, ecc. A tal fine si metteranno a fuoco nell’opera di B. Terracini e di B. Migliorini quegli aspetti che dimostrano i contatti e le aperture, coltivati da entrambi questi studiosi (in controtendenza rispetto al relativo auto-isolamento della cultura italiana del tempo), nei confronti delle correnti più avanzate della linguistica europea coeva. Si cercherà così anche di illustrare l’apporto determinante fornito dai due ‘pionieri’ alla fondazione scientifica e alla definizione del profilo istituzionale di discipline come la storia della lingua, la sociolinguistica e la dialettologia italiana (post-ascoliana), sottolineando gli elementi di continuità tra temi e impostazioni metodologiche delle loro indagini e orientamenti attuali di tali ambiti disciplinari. I nodi teorici offerti dalle critiche che sia Terracini sia Migliorini rivolsero alla dialettologia di stampo ascoliano, in un’epoca di trapasso dal paradigma neogrammaticale ai nuovi indirizzi della linguistica europea di primo Novecento (dalla teoria sistematica della mistione linguistica di marca schuchardtiana alla geografia linguistica), sono ancora oggi al centro della nostra riflessione e determinano interrogativi più che mai attuali sul rapporto tra “fenomeno” e “sistema”, nonché sull’impianto e sulla rappresentazione di ricerche relative alla lingua e al contatto di varietà in contesti sociali caratterizzati da un crescente plurilinguismo. Il richiamo nell’opera di Terracini e di Migliorini al ruolo della storia e a fattori culturali, psicologici e sociolinguistici, come il prestigio e la connessa capacità d’irradiazione di lingue dominanti, nelle dinamiche del mutamento linguistico risale all’influsso che su entrambi fu esercitato dal pensiero di Schuchardt, Gilliéron, Meillet, Spitzer e Bally, ma si traduce in parziale divergenza, specie nell’ultima fase della riflessione terraciniana, per il differente modo di concepire il rapporto tra lingua e cultura, condizionato in Terracini dal rilievo che vi assume lo spirito del parlante e la soggettività dell’individuo, con sensibili sbilanciamenti dell’interesse verso la critica stilistica, mentre in Migliorini, che pure guarda alle forme in rapporto agli utenti, acquista contorni via via più definiti la concezione della lingua come istituto collettivo, che si articola nella moltiplicità delle stratificazioni e degli usi sociali, inclusi i sottocodici tecnico-scientifici e le lingue artificiali. In questo quadro teorico, la lingua resta comunque per Migliorini un’entità ben definita: un sistema, sia pure aperto e mobile, da indagare nella sua specificità e concretezza e nei suoi profondi legami con la storia della cultura, ma non riducibile a fatto soggettivo; tanto meno a momento esclusivamente o prevalentemente estetico. La stessa rivendicazione della legittimità della lingua contemporanea come oggetto di indagine scientifica, in Italia all’epoca tutt’altro che pacifica, si può riportare agli orizzonti teorici dischiusi dal Cours di Saussure, a cui va aggiunto l’influsso più diretto, esercitato sul Migliorini contemporaneista, da Spitzer e da linguisti francesi come A. Darmesteter e A. Dauzat. Nel campo della linguistica applicata (neopurismo e glottotecnica), Migliorini ricorse spesso a criteri di tipo strutturale e funzionale nei giudizi di maggiore o minore accettabilità, relativi all’accoglienza di neologismi e forestierismi, nonché nelle proposte di orientamento normativo; né va dimenticato che egli fu tra i primi divulgatori del pensiero e della terminologia del Circolo Linguistico di Praga. Più specificamente, attraverso un riesame delle ricerche dialettologiche di Terracini (su Usseglio e Forno di Lemie) e delle indagini di Migliorini su volgari antichi e varietà regionali nella prospettiva della formazione della lingua comune (esemplare il saggio sulla storia linguistica di Roma), si cercherà di evidenziare quegli elementi teorici e metodologici che consentono di guardare ai due studiosi come a importanti figure di precursori; la loro opera anticipa, infatti, aspetti di quella focalizzazione sulle interferenze diasistemiche tra le varietà che, a partire dal celebre libro di Weinreich Languages in contact (1953), si è imposta nel panorama non solo degli studi dialettologici ma anche storico-linguistici, essendo la lingua lo specchio più fedele del secolare policentrismo e multiculturalismo italiano.
Benvenuto Terracini, Bruno Migliorini e la linguistica europea del Novecento
COVINO S
2013-01-01
Abstract
La comunicazione si propone di portare un contributo all’analisi dell’influsso che sulla linguistica italiana del Novecento è stato esercitato da alcuni protagonisti della ricerca linguistica europea tra Otto e Novecento: F. de Saussure, H. Schuchardt, J. Gilliéron, Ch. Bally, L. Spitzer, ecc. A tal fine si metteranno a fuoco nell’opera di B. Terracini e di B. Migliorini quegli aspetti che dimostrano i contatti e le aperture, coltivati da entrambi questi studiosi (in controtendenza rispetto al relativo auto-isolamento della cultura italiana del tempo), nei confronti delle correnti più avanzate della linguistica europea coeva. Si cercherà così anche di illustrare l’apporto determinante fornito dai due ‘pionieri’ alla fondazione scientifica e alla definizione del profilo istituzionale di discipline come la storia della lingua, la sociolinguistica e la dialettologia italiana (post-ascoliana), sottolineando gli elementi di continuità tra temi e impostazioni metodologiche delle loro indagini e orientamenti attuali di tali ambiti disciplinari. I nodi teorici offerti dalle critiche che sia Terracini sia Migliorini rivolsero alla dialettologia di stampo ascoliano, in un’epoca di trapasso dal paradigma neogrammaticale ai nuovi indirizzi della linguistica europea di primo Novecento (dalla teoria sistematica della mistione linguistica di marca schuchardtiana alla geografia linguistica), sono ancora oggi al centro della nostra riflessione e determinano interrogativi più che mai attuali sul rapporto tra “fenomeno” e “sistema”, nonché sull’impianto e sulla rappresentazione di ricerche relative alla lingua e al contatto di varietà in contesti sociali caratterizzati da un crescente plurilinguismo. Il richiamo nell’opera di Terracini e di Migliorini al ruolo della storia e a fattori culturali, psicologici e sociolinguistici, come il prestigio e la connessa capacità d’irradiazione di lingue dominanti, nelle dinamiche del mutamento linguistico risale all’influsso che su entrambi fu esercitato dal pensiero di Schuchardt, Gilliéron, Meillet, Spitzer e Bally, ma si traduce in parziale divergenza, specie nell’ultima fase della riflessione terraciniana, per il differente modo di concepire il rapporto tra lingua e cultura, condizionato in Terracini dal rilievo che vi assume lo spirito del parlante e la soggettività dell’individuo, con sensibili sbilanciamenti dell’interesse verso la critica stilistica, mentre in Migliorini, che pure guarda alle forme in rapporto agli utenti, acquista contorni via via più definiti la concezione della lingua come istituto collettivo, che si articola nella moltiplicità delle stratificazioni e degli usi sociali, inclusi i sottocodici tecnico-scientifici e le lingue artificiali. In questo quadro teorico, la lingua resta comunque per Migliorini un’entità ben definita: un sistema, sia pure aperto e mobile, da indagare nella sua specificità e concretezza e nei suoi profondi legami con la storia della cultura, ma non riducibile a fatto soggettivo; tanto meno a momento esclusivamente o prevalentemente estetico. La stessa rivendicazione della legittimità della lingua contemporanea come oggetto di indagine scientifica, in Italia all’epoca tutt’altro che pacifica, si può riportare agli orizzonti teorici dischiusi dal Cours di Saussure, a cui va aggiunto l’influsso più diretto, esercitato sul Migliorini contemporaneista, da Spitzer e da linguisti francesi come A. Darmesteter e A. Dauzat. Nel campo della linguistica applicata (neopurismo e glottotecnica), Migliorini ricorse spesso a criteri di tipo strutturale e funzionale nei giudizi di maggiore o minore accettabilità, relativi all’accoglienza di neologismi e forestierismi, nonché nelle proposte di orientamento normativo; né va dimenticato che egli fu tra i primi divulgatori del pensiero e della terminologia del Circolo Linguistico di Praga. Più specificamente, attraverso un riesame delle ricerche dialettologiche di Terracini (su Usseglio e Forno di Lemie) e delle indagini di Migliorini su volgari antichi e varietà regionali nella prospettiva della formazione della lingua comune (esemplare il saggio sulla storia linguistica di Roma), si cercherà di evidenziare quegli elementi teorici e metodologici che consentono di guardare ai due studiosi come a importanti figure di precursori; la loro opera anticipa, infatti, aspetti di quella focalizzazione sulle interferenze diasistemiche tra le varietà che, a partire dal celebre libro di Weinreich Languages in contact (1953), si è imposta nel panorama non solo degli studi dialettologici ma anche storico-linguistici, essendo la lingua lo specchio più fedele del secolare policentrismo e multiculturalismo italiano.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.