A partire dalla cosiddetta “svolta narrativa” (narrative turn) gli studi sulla narrazione si sono susseguiti e accumulati in ragione geometrica non solo in ambiti disciplinari umanistici e sociologici ma anche in quelli appartenenti alle scienze dure oppure collocati nelle scienze umane e sociali ma rifondati con una metodica sperimentale, basata sulla validazione statistica e su modelli matematici, come l’economia o la psicologia. Cosa accomuna tutti questi studi così variegati? Certamente un interesse per la lettura narrativa intesa come processo di decodifica di informazioni organizzate narrativamente che condizionano gli stati mentali del lettore e la sua identità emotiva. Il racconto, sembrano voler sottolineare tutti, non è solo uno oggetto utilizzato per momenti di intrattenimento o momenti di riflessioni estetiche ma è un tool cognitivo, un dispositivi che la mente ha utilizzato prima per sopravvivere, trasmettendo attraverso di esso informazioni vitali non trasmissibili geneticamente, e poi per realizzare scopi sempre più specifici, tutti connessi alla lettura narrativa come forma di esperienza sussidiaria o apprendimenti vicario, cioè come palestra in cui esercitare abilità e competenze senza rischi. È così che sono nati i modelli teorici di narratologia cognitiva, come quelli di Lisa Zunshine, David Herman o Daniel Hutto, che hanno in qualche modo disegnato una architettura disciplinare nuova per la narratologia e gli studi sulla lettura narrativa, e accanto ad essi hanno acquisito rilievo approcci disciplinari più specifici, come le ricerche della psiconarratologia di Marisa Bortolussi e Peter Dixon e, negli ultimissimi anni, della “persuasione narrativa”, un campo di ricerche sperimentali sui processi di lettura di testi narrativi e sugli effetti persuasivi che le narrazioni sono in grado di generare sul lettore.

Lettura e narrazione

Marino, Toni
2024-01-01

Abstract

A partire dalla cosiddetta “svolta narrativa” (narrative turn) gli studi sulla narrazione si sono susseguiti e accumulati in ragione geometrica non solo in ambiti disciplinari umanistici e sociologici ma anche in quelli appartenenti alle scienze dure oppure collocati nelle scienze umane e sociali ma rifondati con una metodica sperimentale, basata sulla validazione statistica e su modelli matematici, come l’economia o la psicologia. Cosa accomuna tutti questi studi così variegati? Certamente un interesse per la lettura narrativa intesa come processo di decodifica di informazioni organizzate narrativamente che condizionano gli stati mentali del lettore e la sua identità emotiva. Il racconto, sembrano voler sottolineare tutti, non è solo uno oggetto utilizzato per momenti di intrattenimento o momenti di riflessioni estetiche ma è un tool cognitivo, un dispositivi che la mente ha utilizzato prima per sopravvivere, trasmettendo attraverso di esso informazioni vitali non trasmissibili geneticamente, e poi per realizzare scopi sempre più specifici, tutti connessi alla lettura narrativa come forma di esperienza sussidiaria o apprendimenti vicario, cioè come palestra in cui esercitare abilità e competenze senza rischi. È così che sono nati i modelli teorici di narratologia cognitiva, come quelli di Lisa Zunshine, David Herman o Daniel Hutto, che hanno in qualche modo disegnato una architettura disciplinare nuova per la narratologia e gli studi sulla lettura narrativa, e accanto ad essi hanno acquisito rilievo approcci disciplinari più specifici, come le ricerche della psiconarratologia di Marisa Bortolussi e Peter Dixon e, negli ultimissimi anni, della “persuasione narrativa”, un campo di ricerche sperimentali sui processi di lettura di testi narrativi e sugli effetti persuasivi che le narrazioni sono in grado di generare sul lettore.
2024
9788868743925
narrazione; coinvolgimento personale; persuasione; lettura; scienze cognitive
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.12071/46088
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