Nel 1976, a Milano, si tenne l’ultima, travagliata edizione del Festival del proletariato giovanile, raduno rock organizzato dal 1971 dalla rivista Re Nudo, uno dei principali organi della cultura underground italiana degli anni settanta. Al festival parteciparono centinaia di migliaia di giovani che rappresentavano diverse componenti di una controcultura che, esaurite le istanze del ’68 si preparava alla stagione del ‘77, all’autonomia, agli anni di piombo: quella che doveva essere una Woodstock italiana degenerò presto in una confusa quattro giorni di droghe, scontri, espropri, assemblee spontanee, contestazioni, rimanendo nella storia come il momento in cui il “movimento” perse definitivamente l’innocenza. Il regista Alberto Grifi, chiamato dall’organizzazione, girò con la sua troupe 30 ore di filmati confluiti nel documentario cult Il festival del proletariato giovanile al Parco Lambro: il film è una fotografia cruda della riappropriazione da parte della controcultura giovanile di un’“isola felice” dentro la metropoli, uno spazio “altro” costruito in autonomia, fuori dalla società, fatto di tende, suoni, aggregazione politica. Una città temporanea dentro la città che diviene laboratorio di battaglie politiche e culturali ma anche teatro di velleitarismo e fallimenti. Le estetiche di questa città della controcultura sono parte integrante della storia del cinema underground di quegli anni e della storia della cultura italiana, spartiacque tra gli anni della contestazione e i primi echi delle p38 che di lì in poi avrebbero risuonato, a Milano come in altre città d’Italia.
Un colossale equivoco. Parco Lambro ’76 e le immagini dalla fine del sogno
Giacomo Nencioni
2018-01-01
Abstract
Nel 1976, a Milano, si tenne l’ultima, travagliata edizione del Festival del proletariato giovanile, raduno rock organizzato dal 1971 dalla rivista Re Nudo, uno dei principali organi della cultura underground italiana degli anni settanta. Al festival parteciparono centinaia di migliaia di giovani che rappresentavano diverse componenti di una controcultura che, esaurite le istanze del ’68 si preparava alla stagione del ‘77, all’autonomia, agli anni di piombo: quella che doveva essere una Woodstock italiana degenerò presto in una confusa quattro giorni di droghe, scontri, espropri, assemblee spontanee, contestazioni, rimanendo nella storia come il momento in cui il “movimento” perse definitivamente l’innocenza. Il regista Alberto Grifi, chiamato dall’organizzazione, girò con la sua troupe 30 ore di filmati confluiti nel documentario cult Il festival del proletariato giovanile al Parco Lambro: il film è una fotografia cruda della riappropriazione da parte della controcultura giovanile di un’“isola felice” dentro la metropoli, uno spazio “altro” costruito in autonomia, fuori dalla società, fatto di tende, suoni, aggregazione politica. Una città temporanea dentro la città che diviene laboratorio di battaglie politiche e culturali ma anche teatro di velleitarismo e fallimenti. Le estetiche di questa città della controcultura sono parte integrante della storia del cinema underground di quegli anni e della storia della cultura italiana, spartiacque tra gli anni della contestazione e i primi echi delle p38 che di lì in poi avrebbero risuonato, a Milano come in altre città d’Italia.File | Dimensione | Formato | |
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G. Nencioni, Un colossale equivoco. Parco Lambro ’76 e le immagini dalla fine del sogno, pp.29-40,2018, ISBN 978-88-7853-785-9.pdf
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