Mai come in questi ultimi anni si è discusso e indagato intorno ad un filone ben preciso della cosiddetta letteratura di genere, quello cioè inerente ad autori appartenenti proprio alla categoria del giallo e del noir, ad una narrativa, in altre parole, ricca di suspense, mistero, indagine. E il pensiero corre subito, limitandoci ad un panorama nazionale, a scrittori quali Camilleri, Lucarelli, Carlotto, Carofiglio, De Cataldo (tanto per citarne alcuni tra i più famosi); autori molto amati dal pubblico, rispettati adesso dalla critica – inclusa quella accademica – corteggiati da tutte le più importanti case editrici, saccheggiati sempre più spesso dal cinema e dalla televisione nostrana. Questo inarrestabile trionfo conseguito in particolare dal giallo italiano (inconfutabili risultano in effetti alcuni dati statistici che parlano di come nel ventennio 1994 – 2004 i titoli di scrittori italiani di polizieschi approdati in libreria siano aumentati del 1700%; ormai su quasi 1200 testi annualmente editi nel nostro paese, riconducibili a questo specifico genere, oltre 500 sono di autori nazionali, ci si avvicina dunque al 50%, mentre nel 1994 si era fermi ancora al 7%) è ancor più sensazionale se si pensa che fino a pochi anni fa tale produzione veniva considerata solo paraletteratura, narrativa di serie B, inserita con un certo disprezzo nel grande calderone della letteratura popolare. Al contrario oggi sono rimasti in decisa minoranza coloro i quali guardano ancora al romanzo d’indagine con pregiudizio e altezzosità, considerandolo unicamente un libro di mero consumo, banale littérature de gare o un anacronistico esercizio di deduzione, uno sterile gioco intellettuale. In verità il detective novel, con sempre maggiori sfumature noir – quindi di inquietudine esistenziale e di denuncia sociale – si sta imponendo come uno dei territori letterari più vitali e attenti alle sollecitazioni del presente, uno strumento di conoscenza politico-sociale indispensabile ormai per decifrare la sempre più violenta, contraddittoria, sfuggente realtà del nostro tempo. Ed è proprio nell’effervescente clima di rivalutazione di questo genere letterario, a pieno diritto entrato ormai a far parte della nostra «repubblica delle lettere», che si è voluto organizzare a cura di Maurizio Pistelli e Norberto Cacciaglia, in collaborazione con il Dipartimento di Culture Comparate dell’Università per Stranieri di Perugia, l’editore Donzelli, la Regione Umbria, la società Cinegatti, il primo convegno “Perugia in Giallo. Riflessioni sul poliziesco italiano”, tenutosi presso il suddetto ateneo del capoluogo umbro nei giorni 17-18 maggio 2007. Il pullulare crescente di iniziative analoghe – ricordiamo, tra le altre, il «Courmayeur noir in festival», il «Roma noir», «A qualcuno piace…giallo» a Brescia, «Giallo luna. Nero notte» a Ravenna – non ci ha impedito di promuovere tale evento culturale, convinti da un lato della necessità di dare continuità ad un dibattito critico per troppi anni trascurato, dall’altro incoraggiati dalla qualificata quanto calorosa adesione subito manifestata da innumerevoli protagonisti del giallo nazionale (vuoi critici che scrittori). Le due giornate di studio hanno visto, in effetti, l’alternarsi di molteplici interventi in grado di fare il punto o comunque riflettere su alcune tematiche di rilievo inerenti la storia del nostro poliziesco. L’inaugurazione del convegno, tenutasi in un’aula magna gremita di pubblico, dopo i convenevoli saluti delle autorità (presente il Magnifico Rettore, Stefania Giannini, e Silvano Rometti, assessore alla Cultura della Regione Umbria) ha visto il succedersi delle prime relazioni: Vittorio Spinazzola si è soffermato sul “pasticcione” commissario Ingravallo di gaddiana memoria, chi scrive ha invece scelto di mettere a fuoco le numerose contraddizioni rintracciabili nella produzione gialla in epoca fascista, mentre Elisabetta Mondello ed Elvio Guagnini hanno parlato, rispettivamente, dello stato di salute del nostro noir contemporaneo e dell’interessante sodalizio culturale venutosi a creare tra il cantautore-scrittore Francesco Guccini e il decano del giallo italiano Loriano Macchiavelli; quest’ultimo ha chiuso la sessione mattutina con una serie di stimolanti e provocatorie riflessioni incentrate, ancora una volta, sulla situazione dell’odierno romanzo d’indagine nazionale. Nel pomeriggio il discorso si è spostato invece sul cinema giallo. Ne hanno discusso gli studiosi Carlo Tagliabue e Fabio Melelli, insieme a due “addetti ai lavori”come il regista Antonio Bido e il critico e sceneggiatore Alessandro Bencivenni. A seguire, come ideale prosecuzione dell’incontro, presso il teatro Pavone, è stato0 proiettato il film noir Apnea di Roberto Dordit. La seconda giornata di lavoro si è aperta di nuovo all’insegna della letteratura, con gli interventi autorevoli di vari relatori come Bruno Brunetti, che ha proposto un’attenta riflessione sulla scrittura gialla di Augusto De Angelis, Gianrico Carofiglio e Giancarlo De Cataldo; Norberto Cacciaglia che ha offerto un’ interpretazione in chiave noir-psicanalitica del racconto sveviano L’assassinio di via Belpoggi; Ugo Vignuzzi e Patrizia Bertini che hanno analizzato il giallo italiano sotto l’aspetto prettamente linguistico, e Giovanni Capecchi, che ha fornito un puntuale resoconto dello straordinario successo arriso alla narrativa d’indagine di Camilleri. Il dibattito, con il quale si è conclusa la mattinata, ha visto poi il vivace contrapporsi di due posizioni critiche: da un lato, Renzo Cremante, convinto sostenitore della letteratura gialla e,dall’altro, Roberto Barbolini, scettico osservatore di tale genere narrativo. Nel pomeriggio, coordinato da Cremante, ha avuto luogo un incontro con gli scrittori Alessandro Cannevale, Leonardo Gori e Marco Vichi, un’occasione per discutere su temi e soluzioni formali del giallo nazionale, coinvolgendo allo stesso tempo il numeroso pubblico presente. Con questa animata tavola rotonda si è ufficialmente chiuso il convegno, anche se un’ulteriore, stimolante appendice si è avuta in serata ( sempre al teatro Pavone) con la presentazione del film Notturno bus di Davide Marengo, tratto dall’omonimo giallo metropolitano di Giampiero Rigosi. Il bilancio della manifestazione, adesso che ci si appresta a pubblicarne gli atti, è da ritenersi senza dubbio lusinghiero, a tal punto che si è deciso di ripeterla con cadenza biennale, così da configurarsi come un appuntamento fisso e sempre più intrigante, si spera, per coloro – e ormai sono tanti – che reputano tale genere letterario degno di essere affrontato con serietà e competenza critica. La scelta di privilegiare, almeno per il momento, il giallo e il noir italiano, si spiega con la necessità, avvertita dai curatori del progetto, di dare il dovuto risalto ad una narrativa che fin dal suo esordio nel nostro paese è stata a torto ritenuta (si pensi alle polemiche affermazioni negli anni Trenta dei vari Flora, Savinio, Saba) addirittura estranea alla cultura e all’indole stessa del popolo italiano, considerata alla stregua di una pianta esotica, difficile da far attecchire e soprattutto fiorire sul suolo nazionale. Un’indagine accurata dimostra in realtà come l’Italia possa vantare una più che secolare tradizione gialla. Autori come Luigi Mastriani, Jarro, Emilio De Marchi, Cletto Arrighi, Remigio Zena, Federico De Roberto, Carolina Invernizio, Matilde Serao (per citarne solo alcuni tra i più rappresentativi) già nella seconda metà dell’Ottocento si fanno, infatti, promotori – magari ricorrendo al modello ancora in auge del feuilleton francese – di trame caratterizzate da elementi congiunti di mistero, delitto, indagine. Certo, è nel decennio 1930-1940 che si assiste al primo trionfale successo di tale genere letterario, a cui danno il loro importante contributo autori di un certo valore come Alessandro Varaldo, Tito Spagnol e soprattutto Augusto De Angelis ed Ezio D’Errico. La caduta del regime mussoliniano e il venir meno della politica culturale ad esso legata, la morte o la disaffezione dei nostri migliori interpreti fanno sì che il poliziesco nazionale all’indomani del 1945 e per tutti gli anni cinquanta attraversi un periodo di profonda crisi, colonizzato in definitiva dal detective novel anglo – americano. La rinascita è, come noto, associata al nome di Giorgio Scerbanenco, che soprattutto con la saga di Duca Lamberti (il primo romanzo è del 1966), si impone come autore innovativo e di successo anche al di là dei confini nazionali. Segue un periodo di grande effervescenza per il nostro giallo, durante il quale si registrano gli esordi di vari scrittori di buona qualità come Loriano Macchiavelli, Antonio Perria, Paolo Levi, Secondo Signorini, Renato Olivieri, Enzo Russo, Attilio Veraldi, senza dimenticare le coppie Carlo Fruttero – Franco Lucentini e Massimo Felisatti – Fabio Pittorru; autori che, sulla scia proprio di Scerbanenco, ci propongono storie dal taglio fortemente realistico, ambientate in realtà urbane (le nostre città), sempre più violente, corrotte, inospitali. Nonostante il decennio 1980-1990 si apra con l’affascinante incursione nel giallo storico di Umberto Eco, il cui Nome della rosa presto diventerà un best seller mondiale, il poliziesco italiano subisce un’ennesima involuzione, tornando a vivere un momento di deciso ristagno. Solo all’inizio degli anni novanta – prima con gli interessanti debutti di Carlo Lucarelli e Andrea Pincketts, a seguire con la nascita di gruppi organizzati di giallisti, quali il «Gruppo 13» a Bologna, la «Scuola dei Duri» a Milano, «Neonoir» a Roma e, infine, con l’esplosione del «caso Camilleri» – il romanzo d’indagine nazionale ritrova l’energia e la vitalità necessarie per uscire in maniera definitiva dal ghetto della letteratura di consumo, imponendosi finalmente come narrativa di tutto rispetto, nonché come importantissimo fenomeno editoriale. Anzi, come già accennato, il giallo, o meglio ancora il più fosco e destabilizzante noir (si pensi, per esempio a certi romanzi di Carlotto e De Cataldo) viene ormai considerato, anche in Italia, come l’erede legittimo del romanzo sociale, in grado - meglio di qualsiasi altra forma letteraria - di calarsi nella nostra inquinata società, così da denunciarne la corruzione, i soprusi, gli intrecci nefasti tra criminalità e potere. Ed è proprio a questa narrativa e alla sua consistente tradizione che si ispira e si richiama il convegno perugino, pronto a dare un seguito nel 2009 a tale appassionante indagine.
Perugia in giallo 2007. Indagine sul poliziesco italiano
PISTELLI M
2009-01-01
Abstract
Mai come in questi ultimi anni si è discusso e indagato intorno ad un filone ben preciso della cosiddetta letteratura di genere, quello cioè inerente ad autori appartenenti proprio alla categoria del giallo e del noir, ad una narrativa, in altre parole, ricca di suspense, mistero, indagine. E il pensiero corre subito, limitandoci ad un panorama nazionale, a scrittori quali Camilleri, Lucarelli, Carlotto, Carofiglio, De Cataldo (tanto per citarne alcuni tra i più famosi); autori molto amati dal pubblico, rispettati adesso dalla critica – inclusa quella accademica – corteggiati da tutte le più importanti case editrici, saccheggiati sempre più spesso dal cinema e dalla televisione nostrana. Questo inarrestabile trionfo conseguito in particolare dal giallo italiano (inconfutabili risultano in effetti alcuni dati statistici che parlano di come nel ventennio 1994 – 2004 i titoli di scrittori italiani di polizieschi approdati in libreria siano aumentati del 1700%; ormai su quasi 1200 testi annualmente editi nel nostro paese, riconducibili a questo specifico genere, oltre 500 sono di autori nazionali, ci si avvicina dunque al 50%, mentre nel 1994 si era fermi ancora al 7%) è ancor più sensazionale se si pensa che fino a pochi anni fa tale produzione veniva considerata solo paraletteratura, narrativa di serie B, inserita con un certo disprezzo nel grande calderone della letteratura popolare. Al contrario oggi sono rimasti in decisa minoranza coloro i quali guardano ancora al romanzo d’indagine con pregiudizio e altezzosità, considerandolo unicamente un libro di mero consumo, banale littérature de gare o un anacronistico esercizio di deduzione, uno sterile gioco intellettuale. In verità il detective novel, con sempre maggiori sfumature noir – quindi di inquietudine esistenziale e di denuncia sociale – si sta imponendo come uno dei territori letterari più vitali e attenti alle sollecitazioni del presente, uno strumento di conoscenza politico-sociale indispensabile ormai per decifrare la sempre più violenta, contraddittoria, sfuggente realtà del nostro tempo. Ed è proprio nell’effervescente clima di rivalutazione di questo genere letterario, a pieno diritto entrato ormai a far parte della nostra «repubblica delle lettere», che si è voluto organizzare a cura di Maurizio Pistelli e Norberto Cacciaglia, in collaborazione con il Dipartimento di Culture Comparate dell’Università per Stranieri di Perugia, l’editore Donzelli, la Regione Umbria, la società Cinegatti, il primo convegno “Perugia in Giallo. Riflessioni sul poliziesco italiano”, tenutosi presso il suddetto ateneo del capoluogo umbro nei giorni 17-18 maggio 2007. Il pullulare crescente di iniziative analoghe – ricordiamo, tra le altre, il «Courmayeur noir in festival», il «Roma noir», «A qualcuno piace…giallo» a Brescia, «Giallo luna. Nero notte» a Ravenna – non ci ha impedito di promuovere tale evento culturale, convinti da un lato della necessità di dare continuità ad un dibattito critico per troppi anni trascurato, dall’altro incoraggiati dalla qualificata quanto calorosa adesione subito manifestata da innumerevoli protagonisti del giallo nazionale (vuoi critici che scrittori). Le due giornate di studio hanno visto, in effetti, l’alternarsi di molteplici interventi in grado di fare il punto o comunque riflettere su alcune tematiche di rilievo inerenti la storia del nostro poliziesco. L’inaugurazione del convegno, tenutasi in un’aula magna gremita di pubblico, dopo i convenevoli saluti delle autorità (presente il Magnifico Rettore, Stefania Giannini, e Silvano Rometti, assessore alla Cultura della Regione Umbria) ha visto il succedersi delle prime relazioni: Vittorio Spinazzola si è soffermato sul “pasticcione” commissario Ingravallo di gaddiana memoria, chi scrive ha invece scelto di mettere a fuoco le numerose contraddizioni rintracciabili nella produzione gialla in epoca fascista, mentre Elisabetta Mondello ed Elvio Guagnini hanno parlato, rispettivamente, dello stato di salute del nostro noir contemporaneo e dell’interessante sodalizio culturale venutosi a creare tra il cantautore-scrittore Francesco Guccini e il decano del giallo italiano Loriano Macchiavelli; quest’ultimo ha chiuso la sessione mattutina con una serie di stimolanti e provocatorie riflessioni incentrate, ancora una volta, sulla situazione dell’odierno romanzo d’indagine nazionale. Nel pomeriggio il discorso si è spostato invece sul cinema giallo. Ne hanno discusso gli studiosi Carlo Tagliabue e Fabio Melelli, insieme a due “addetti ai lavori”come il regista Antonio Bido e il critico e sceneggiatore Alessandro Bencivenni. A seguire, come ideale prosecuzione dell’incontro, presso il teatro Pavone, è stato0 proiettato il film noir Apnea di Roberto Dordit. La seconda giornata di lavoro si è aperta di nuovo all’insegna della letteratura, con gli interventi autorevoli di vari relatori come Bruno Brunetti, che ha proposto un’attenta riflessione sulla scrittura gialla di Augusto De Angelis, Gianrico Carofiglio e Giancarlo De Cataldo; Norberto Cacciaglia che ha offerto un’ interpretazione in chiave noir-psicanalitica del racconto sveviano L’assassinio di via Belpoggi; Ugo Vignuzzi e Patrizia Bertini che hanno analizzato il giallo italiano sotto l’aspetto prettamente linguistico, e Giovanni Capecchi, che ha fornito un puntuale resoconto dello straordinario successo arriso alla narrativa d’indagine di Camilleri. Il dibattito, con il quale si è conclusa la mattinata, ha visto poi il vivace contrapporsi di due posizioni critiche: da un lato, Renzo Cremante, convinto sostenitore della letteratura gialla e,dall’altro, Roberto Barbolini, scettico osservatore di tale genere narrativo. Nel pomeriggio, coordinato da Cremante, ha avuto luogo un incontro con gli scrittori Alessandro Cannevale, Leonardo Gori e Marco Vichi, un’occasione per discutere su temi e soluzioni formali del giallo nazionale, coinvolgendo allo stesso tempo il numeroso pubblico presente. Con questa animata tavola rotonda si è ufficialmente chiuso il convegno, anche se un’ulteriore, stimolante appendice si è avuta in serata ( sempre al teatro Pavone) con la presentazione del film Notturno bus di Davide Marengo, tratto dall’omonimo giallo metropolitano di Giampiero Rigosi. Il bilancio della manifestazione, adesso che ci si appresta a pubblicarne gli atti, è da ritenersi senza dubbio lusinghiero, a tal punto che si è deciso di ripeterla con cadenza biennale, così da configurarsi come un appuntamento fisso e sempre più intrigante, si spera, per coloro – e ormai sono tanti – che reputano tale genere letterario degno di essere affrontato con serietà e competenza critica. La scelta di privilegiare, almeno per il momento, il giallo e il noir italiano, si spiega con la necessità, avvertita dai curatori del progetto, di dare il dovuto risalto ad una narrativa che fin dal suo esordio nel nostro paese è stata a torto ritenuta (si pensi alle polemiche affermazioni negli anni Trenta dei vari Flora, Savinio, Saba) addirittura estranea alla cultura e all’indole stessa del popolo italiano, considerata alla stregua di una pianta esotica, difficile da far attecchire e soprattutto fiorire sul suolo nazionale. Un’indagine accurata dimostra in realtà come l’Italia possa vantare una più che secolare tradizione gialla. Autori come Luigi Mastriani, Jarro, Emilio De Marchi, Cletto Arrighi, Remigio Zena, Federico De Roberto, Carolina Invernizio, Matilde Serao (per citarne solo alcuni tra i più rappresentativi) già nella seconda metà dell’Ottocento si fanno, infatti, promotori – magari ricorrendo al modello ancora in auge del feuilleton francese – di trame caratterizzate da elementi congiunti di mistero, delitto, indagine. Certo, è nel decennio 1930-1940 che si assiste al primo trionfale successo di tale genere letterario, a cui danno il loro importante contributo autori di un certo valore come Alessandro Varaldo, Tito Spagnol e soprattutto Augusto De Angelis ed Ezio D’Errico. La caduta del regime mussoliniano e il venir meno della politica culturale ad esso legata, la morte o la disaffezione dei nostri migliori interpreti fanno sì che il poliziesco nazionale all’indomani del 1945 e per tutti gli anni cinquanta attraversi un periodo di profonda crisi, colonizzato in definitiva dal detective novel anglo – americano. La rinascita è, come noto, associata al nome di Giorgio Scerbanenco, che soprattutto con la saga di Duca Lamberti (il primo romanzo è del 1966), si impone come autore innovativo e di successo anche al di là dei confini nazionali. Segue un periodo di grande effervescenza per il nostro giallo, durante il quale si registrano gli esordi di vari scrittori di buona qualità come Loriano Macchiavelli, Antonio Perria, Paolo Levi, Secondo Signorini, Renato Olivieri, Enzo Russo, Attilio Veraldi, senza dimenticare le coppie Carlo Fruttero – Franco Lucentini e Massimo Felisatti – Fabio Pittorru; autori che, sulla scia proprio di Scerbanenco, ci propongono storie dal taglio fortemente realistico, ambientate in realtà urbane (le nostre città), sempre più violente, corrotte, inospitali. Nonostante il decennio 1980-1990 si apra con l’affascinante incursione nel giallo storico di Umberto Eco, il cui Nome della rosa presto diventerà un best seller mondiale, il poliziesco italiano subisce un’ennesima involuzione, tornando a vivere un momento di deciso ristagno. Solo all’inizio degli anni novanta – prima con gli interessanti debutti di Carlo Lucarelli e Andrea Pincketts, a seguire con la nascita di gruppi organizzati di giallisti, quali il «Gruppo 13» a Bologna, la «Scuola dei Duri» a Milano, «Neonoir» a Roma e, infine, con l’esplosione del «caso Camilleri» – il romanzo d’indagine nazionale ritrova l’energia e la vitalità necessarie per uscire in maniera definitiva dal ghetto della letteratura di consumo, imponendosi finalmente come narrativa di tutto rispetto, nonché come importantissimo fenomeno editoriale. Anzi, come già accennato, il giallo, o meglio ancora il più fosco e destabilizzante noir (si pensi, per esempio a certi romanzi di Carlotto e De Cataldo) viene ormai considerato, anche in Italia, come l’erede legittimo del romanzo sociale, in grado - meglio di qualsiasi altra forma letteraria - di calarsi nella nostra inquinata società, così da denunciarne la corruzione, i soprusi, gli intrecci nefasti tra criminalità e potere. Ed è proprio a questa narrativa e alla sua consistente tradizione che si ispira e si richiama il convegno perugino, pronto a dare un seguito nel 2009 a tale appassionante indagine.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.