Nel 1539 esce a Città di Castello dai torchi di Niccolò Gucci da Cortona e Antonio Mazzocchi Cremonese il Secondo dell’Eneide di Virgilio tradotto in volgare da Ippolito de’ Medici. Il lavoro del giovane Medici costituisce senza dubbio uno dei primi esempi cinquecenteschi di traduzione volgare del poema latino. Il saggio intende indagare alcune questioni in particolare, innanzitutto quella riguardante la ripresa dei classici nel quadro della cultura umanistica: il dibattito critico sul volgare era infatti molto vivace nei primi anni del Cinquecento. Collegato a questo primo focus ne scaturisce un secondo: il proficuo rapporto fra letteratura e mondo tipografico-editoriale, pronto quest’ultimo ad aprirsi alla sperimentazione di nuove pratiche scrittorie. L’attenzione viene portata inoltre, e qui si sofferma, sui singoli segmenti virgiliani tradotti nel primo Cinquecento, ognuno separatamente, o anche assommati nella stessa opera. Essi si presentano al pubblico in una cornice semiotica paratestuale che risemantizza il testo di partenza e che si indirizza in modo diretto al destinatario. Ne emerge una variegata figura di lettore che il II° di Virgilio costruisce attraverso l’opera traduttiva del giovane Medici.
Interrogare il Cinquecento attraverso il II dell'Eneide Tifernate
Zaganelli G
2019-01-01
Abstract
Nel 1539 esce a Città di Castello dai torchi di Niccolò Gucci da Cortona e Antonio Mazzocchi Cremonese il Secondo dell’Eneide di Virgilio tradotto in volgare da Ippolito de’ Medici. Il lavoro del giovane Medici costituisce senza dubbio uno dei primi esempi cinquecenteschi di traduzione volgare del poema latino. Il saggio intende indagare alcune questioni in particolare, innanzitutto quella riguardante la ripresa dei classici nel quadro della cultura umanistica: il dibattito critico sul volgare era infatti molto vivace nei primi anni del Cinquecento. Collegato a questo primo focus ne scaturisce un secondo: il proficuo rapporto fra letteratura e mondo tipografico-editoriale, pronto quest’ultimo ad aprirsi alla sperimentazione di nuove pratiche scrittorie. L’attenzione viene portata inoltre, e qui si sofferma, sui singoli segmenti virgiliani tradotti nel primo Cinquecento, ognuno separatamente, o anche assommati nella stessa opera. Essi si presentano al pubblico in una cornice semiotica paratestuale che risemantizza il testo di partenza e che si indirizza in modo diretto al destinatario. Ne emerge una variegata figura di lettore che il II° di Virgilio costruisce attraverso l’opera traduttiva del giovane Medici.File | Dimensione | Formato | |
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