Corporale di Paolo Volponi, Horcynus Orca di Stefano D’Arrigo, La Storia di Elsa Morante, Petrolio di Pier Paolo Pasolini sono opere imponenti, opere-mondo di grande impegno stilistico accomunate non solo dalla prossimità cronologica ma anche dalla fortuna, o sarebbe meglio dire sfortuna critica che ha caratterizzato la loro ricezione. Rifiutati o rimossi e ricomparsi in vario modo postumi nella scena letteraria solo di recente, i romanzi citati, scritti negli anni in cui si annunciava imminente la “morte del romanzo”, sia pure con esiti assai differenti, sembrano accostabili perché rappresentano la problematicità dell’utopia del realismo, e in una prospettiva che oggi, a distanza di quarant’anni, fornisce stimoli di riflessione. L’ambizione che anima gli scrittori citati, compreso Volponi, è, infatti, di contenere all’interno del romanzo una massa di materiali, rivoluzionari in tutti i casi, i quali delirano creativamente e sconfinano nell’eccesso, talvolta nel non finito, perché giocano la loro scommessa di “realtà” sulla soglia tra la vita e la morte del genere. Fuori dalla tradizione ottocentesca e da quella modernista (delle quali, pure, alcuni di essi paiono avere una qualche nostalgia), i romanzi di Morante e di Pasolini, di Volponi e di D’Arrigo oltrepassano il confine del neo-realismo e, in contrasto con la poetica della negazione neoavanguardistica, tentano di incontrare la realtà attraverso un impegno sperimentale in senso ampio che comporta anche un problematico confronto con l’irrealtà.
Geografia e corpo nel romanzo di Gerolamo Aspri
Sgavicchia S
2015-01-01
Abstract
Corporale di Paolo Volponi, Horcynus Orca di Stefano D’Arrigo, La Storia di Elsa Morante, Petrolio di Pier Paolo Pasolini sono opere imponenti, opere-mondo di grande impegno stilistico accomunate non solo dalla prossimità cronologica ma anche dalla fortuna, o sarebbe meglio dire sfortuna critica che ha caratterizzato la loro ricezione. Rifiutati o rimossi e ricomparsi in vario modo postumi nella scena letteraria solo di recente, i romanzi citati, scritti negli anni in cui si annunciava imminente la “morte del romanzo”, sia pure con esiti assai differenti, sembrano accostabili perché rappresentano la problematicità dell’utopia del realismo, e in una prospettiva che oggi, a distanza di quarant’anni, fornisce stimoli di riflessione. L’ambizione che anima gli scrittori citati, compreso Volponi, è, infatti, di contenere all’interno del romanzo una massa di materiali, rivoluzionari in tutti i casi, i quali delirano creativamente e sconfinano nell’eccesso, talvolta nel non finito, perché giocano la loro scommessa di “realtà” sulla soglia tra la vita e la morte del genere. Fuori dalla tradizione ottocentesca e da quella modernista (delle quali, pure, alcuni di essi paiono avere una qualche nostalgia), i romanzi di Morante e di Pasolini, di Volponi e di D’Arrigo oltrepassano il confine del neo-realismo e, in contrasto con la poetica della negazione neoavanguardistica, tentano di incontrare la realtà attraverso un impegno sperimentale in senso ampio che comporta anche un problematico confronto con l’irrealtà.File | Dimensione | Formato | |
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