L’Autore mette in evidenza i caratteri del processo di riorganizzazione delle classi dirigenti in Umbria a partire dal 1970, cioè dalla nascita della Regione, che attua il trasferimento di funzioni, poteri e risorse dallo Stato centrale ai nuovi livelli istituzionali. In questo contesto – secondo l’Autore –, almeno nei primi due decenni (1970-1990) l’azione dei nuovi organismi regionali ha contribuito al superamento dei vecchi equilibri territoriali, dando vita a una nuova articolazione dei poteri su base regionale, superando quella cittadina o comunale consolidatasi nei secoli precedenti. Questa modernizzazione, sostenuta dai principali partiti politici – secondo l’Autore – è avvenuta parallelamente alla crescita e all’espansione dello Stato sociale, comportando però anche un appesantimento e una burocratizzazione delle funzioni istituzionali degli organi regionali, mentre persisteva uno scarso sviluppo del sistema imprenditoriale privato. Questi limiti – sostiene l’Autore – si sono evidenziati soprattutto nel secondo ventennio regionale (1990-2010), quando si è verificata una progressiva riduzione delle risorse pubbliche a disposizione delle Regioni e una ricentralizzazione delle funzioni e dei poteri dello Stato in un nuovo quadro politico ed economico nazionale e internazionale. Questi processi hanno modificato, particolarmente per l’Umbria, il rapporto tra Regione e Stato nazionale e tra centro e periferia, nel conteso della crisi della politica e dei partiti che ha modificato l’identità delle forze politiche e delle organizzazioni sociali, collocando sempre di più la funzione dirigente all’interno delle nuove istituzioni rappresentative, segnate soprattutto dall’elezione diretta di sindaci e presidenti di Regione e di Provincia.
Classi dirigenti e poteri regionali
Stramaccioni Alberto
2019-01-01
Abstract
L’Autore mette in evidenza i caratteri del processo di riorganizzazione delle classi dirigenti in Umbria a partire dal 1970, cioè dalla nascita della Regione, che attua il trasferimento di funzioni, poteri e risorse dallo Stato centrale ai nuovi livelli istituzionali. In questo contesto – secondo l’Autore –, almeno nei primi due decenni (1970-1990) l’azione dei nuovi organismi regionali ha contribuito al superamento dei vecchi equilibri territoriali, dando vita a una nuova articolazione dei poteri su base regionale, superando quella cittadina o comunale consolidatasi nei secoli precedenti. Questa modernizzazione, sostenuta dai principali partiti politici – secondo l’Autore – è avvenuta parallelamente alla crescita e all’espansione dello Stato sociale, comportando però anche un appesantimento e una burocratizzazione delle funzioni istituzionali degli organi regionali, mentre persisteva uno scarso sviluppo del sistema imprenditoriale privato. Questi limiti – sostiene l’Autore – si sono evidenziati soprattutto nel secondo ventennio regionale (1990-2010), quando si è verificata una progressiva riduzione delle risorse pubbliche a disposizione delle Regioni e una ricentralizzazione delle funzioni e dei poteri dello Stato in un nuovo quadro politico ed economico nazionale e internazionale. Questi processi hanno modificato, particolarmente per l’Umbria, il rapporto tra Regione e Stato nazionale e tra centro e periferia, nel conteso della crisi della politica e dei partiti che ha modificato l’identità delle forze politiche e delle organizzazioni sociali, collocando sempre di più la funzione dirigente all’interno delle nuove istituzioni rappresentative, segnate soprattutto dall’elezione diretta di sindaci e presidenti di Regione e di Provincia.File | Dimensione | Formato | |
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