The article examines a group of letters that F. D'Ovidio and H. Schuchardt exchanged after the end of the First World War, between 1919 and 1921. It is well known that the Great War caused a clear break in international collaboration between scholars, especially among the Romanists belonging to countries in conflict. The phenomenon drew strength from the ideological potential inherent in modern philologies (especially Romance and Germanic), born in the context of Romanticism and tending to identify language and nation. Schuchardt, despite his past as an internationalist philologist (Gusmani 1987), transformed himself into a "political publicist": apart from journalistic articles, three pamphlets (Schuchardt 1913, 1914 and 1915) should be mentioned, the last one, Aus dem Herzen eines Romanisten, bitterly polemic towards Italian interventionism. The author expressed strong "concerns about the break-up of a European study community" and his disappointment as a "lover of Italy who feels betrayed" (Segre 1989: 303). Schuchardt's resentment also emerges in his correspondence with D'Ovidio. After the war, the Italian philologist tried to resume the dialogue with his friend and mitigate Schuchardt's bitterness. On the other hand, as president of the Accademia dei Lincei, he not only claimed the loyalty of that scientific institution to the principle he had been advocating since 1914: "that [...] pure patriotism should not degenerate into political passion", but he also rejected, with moderation equal to firmness, the negative reaction of his German colleague to the annexation of South Tyrol to Italy, in the name of a more modern conception of linguistic identity free from state membership.

L’articolo prende in esame un gruppo di missive che F. D’Ovidio e H. Schuchardt si scambiarono dopo la fine del primo conflitto mondiale, tra il 1919 e il 1921. È noto che lo scoppio della grande guerra provocò una netta cesura nei rapporti di collaborazione internazionale tra studiosi, in particolare tra i romanisti dei paesi in conflitto. Il fenomeno attinse vigore dalla potenzialità ideologica insita nelle filologie moderne (specie romanza e germanica), nate nel contesto del Romanticismo e partecipi dell’elaborazione del concetto di nazionalità sulla base di una tendenziale identificazione tra lingua e nazione. Schuchardt, nonostante il suo passato di filologo internazionalista (Gusmani 1987), si trasformò in «pubblicista politico»: a parte gli articoli giornalistici, vanno ricordati tre opuscoli (Schuchardt 1913, 1914 e 1915), di cui l’ultimo, Aus dem Herzen eines Romanisten, aspramente polemico verso l’interventismo italiano. L’autore vi espresse forti «preoccupazioni per la rottura di una comunità europea degli studi» e la sua delusione di «innamorato dell’Italia che si sente tradito» (Segre 1989: 303). Il risentimento di Schuchardt emerge anche nella corrispondenza con D’Ovidio. Il filologo italiano, che in una lettera del 10 gennaio 1915, prima della discesa in campo del nostro paese a fianco della Triplice Intesa, aveva scritto all’amico «Non vedo l’ora che la pace torni a brillare nel mondo», dopo la guerra riprenderà il dialogo, cercando di mitigare l’amarezza di Schuchardt. D’altra parte, da presidente dell’Accademia dei Lincei, non solo rivendicò la fedeltà di quell’istituzione scientifica al principio da lui propugnato sin dal 1914: «che […] il puro patriottismo non degenerasse in passione politica», ma respinse, con moderazione pari alla fermezza, la reazione negativa del collega tedesco di fronte all’annessione dell’Alto Adige all’Italia, in nome di una più moderna concezione dell’identità linguistica svincolata dall’appartenenza statale.

«Non vedo l’ora che la pace torni a brillare nel mondo»: lettere dal carteggio di Francesco D’Ovidio e Hugo Schuchardt

Covino, Sandra
2020-01-01

Abstract

The article examines a group of letters that F. D'Ovidio and H. Schuchardt exchanged after the end of the First World War, between 1919 and 1921. It is well known that the Great War caused a clear break in international collaboration between scholars, especially among the Romanists belonging to countries in conflict. The phenomenon drew strength from the ideological potential inherent in modern philologies (especially Romance and Germanic), born in the context of Romanticism and tending to identify language and nation. Schuchardt, despite his past as an internationalist philologist (Gusmani 1987), transformed himself into a "political publicist": apart from journalistic articles, three pamphlets (Schuchardt 1913, 1914 and 1915) should be mentioned, the last one, Aus dem Herzen eines Romanisten, bitterly polemic towards Italian interventionism. The author expressed strong "concerns about the break-up of a European study community" and his disappointment as a "lover of Italy who feels betrayed" (Segre 1989: 303). Schuchardt's resentment also emerges in his correspondence with D'Ovidio. After the war, the Italian philologist tried to resume the dialogue with his friend and mitigate Schuchardt's bitterness. On the other hand, as president of the Accademia dei Lincei, he not only claimed the loyalty of that scientific institution to the principle he had been advocating since 1914: "that [...] pure patriotism should not degenerate into political passion", but he also rejected, with moderation equal to firmness, the negative reaction of his German colleague to the annexation of South Tyrol to Italy, in the name of a more modern conception of linguistic identity free from state membership.
2020
978-88-7667-827-1
L’articolo prende in esame un gruppo di missive che F. D’Ovidio e H. Schuchardt si scambiarono dopo la fine del primo conflitto mondiale, tra il 1919 e il 1921. È noto che lo scoppio della grande guerra provocò una netta cesura nei rapporti di collaborazione internazionale tra studiosi, in particolare tra i romanisti dei paesi in conflitto. Il fenomeno attinse vigore dalla potenzialità ideologica insita nelle filologie moderne (specie romanza e germanica), nate nel contesto del Romanticismo e partecipi dell’elaborazione del concetto di nazionalità sulla base di una tendenziale identificazione tra lingua e nazione. Schuchardt, nonostante il suo passato di filologo internazionalista (Gusmani 1987), si trasformò in «pubblicista politico»: a parte gli articoli giornalistici, vanno ricordati tre opuscoli (Schuchardt 1913, 1914 e 1915), di cui l’ultimo, Aus dem Herzen eines Romanisten, aspramente polemico verso l’interventismo italiano. L’autore vi espresse forti «preoccupazioni per la rottura di una comunità europea degli studi» e la sua delusione di «innamorato dell’Italia che si sente tradito» (Segre 1989: 303). Il risentimento di Schuchardt emerge anche nella corrispondenza con D’Ovidio. Il filologo italiano, che in una lettera del 10 gennaio 1915, prima della discesa in campo del nostro paese a fianco della Triplice Intesa, aveva scritto all’amico «Non vedo l’ora che la pace torni a brillare nel mondo», dopo la guerra riprenderà il dialogo, cercando di mitigare l’amarezza di Schuchardt. D’altra parte, da presidente dell’Accademia dei Lincei, non solo rivendicò la fedeltà di quell’istituzione scientifica al principio da lui propugnato sin dal 1914: «che […] il puro patriottismo non degenerasse in passione politica», ma respinse, con moderazione pari alla fermezza, la reazione negativa del collega tedesco di fronte all’annessione dell’Alto Adige all’Italia, in nome di una più moderna concezione dell’identità linguistica svincolata dall’appartenenza statale.
Languages and nations, First World War, D'Ovidio-Schuchardt Correspondence (1919-1921)
Lingue e nazioni, prima guerra mondiale, Carteggio D'Ovidio-Schuchardt (1919-1921)
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.12071/14206
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