Il contributo propone un’indagine di Althénopis (1981), romanzo d’esordio della scrittrice napoletana Fabrizia Ramondino. Attraverso le epigrafi che segnano le soglie dei capitoli e le immagini non solo letterarie che l’autrice presenta nelle note al testo si intende costruire un percorso di lettura dal quale emergono fonti della scrittura e strategie di narrazione sperimentali. In questo contesto viene valorizzata la peculiare vocazione autobiografica di Ramondino, che in questo libro, come in altri suoi, tende a riutilizzare materiali della Vita assieme a memorie letterarie in un sistema di narrazione “circolare” costituito da frammenti di citazioni e autocitazioni rinviando a diversi modelli di narrazione della memoria da Sthendal a Proust, da Savinio della Tragedia dell’infanzia a Gadda della Cognizione del dolore, a Morante dell’Isola di Arturo, a Ortese del Porto di Toledo. In Althénopis le diverse voci dei personaggi si dispongono dinanzi ad uno specchio autobiografico a partire da quella storia naturale della distruzione che collega il bombardamento dell’infanzia al terremoto dell’età adulta (il romanzo, pubblicato nell’anno del terremoto dell’Irpinia, racconta il soggiorno della protagonista durante la seconda guerra mondiale in un paesino campano). Il terremoto-bombardamento offre all’autrice la metafora per narrare e per narrarsi in Althénopis, per raccogliere i frammenti della memoria, per ricostruire la “città distrutta” (il tempo che si annienta nell’oblio) in una mappa di ricordi della “vita irreale” che attraverso la strategia della parodia produce il controcanto della tragedia, come segnala la citazione dal Don Chisciotte che insiste sulla soglia del libro nell’epigrafe del primo capitolo: «Amico Sancio, devi sapere che io nacqui, per volere del cielo, in questa nostra età del ferro, per ripristinare in essa quella dell’oro».

Immagini e note musicali dai margini di 'Althénopis'

Sgavicchia S
2015-01-01

Abstract

Il contributo propone un’indagine di Althénopis (1981), romanzo d’esordio della scrittrice napoletana Fabrizia Ramondino. Attraverso le epigrafi che segnano le soglie dei capitoli e le immagini non solo letterarie che l’autrice presenta nelle note al testo si intende costruire un percorso di lettura dal quale emergono fonti della scrittura e strategie di narrazione sperimentali. In questo contesto viene valorizzata la peculiare vocazione autobiografica di Ramondino, che in questo libro, come in altri suoi, tende a riutilizzare materiali della Vita assieme a memorie letterarie in un sistema di narrazione “circolare” costituito da frammenti di citazioni e autocitazioni rinviando a diversi modelli di narrazione della memoria da Sthendal a Proust, da Savinio della Tragedia dell’infanzia a Gadda della Cognizione del dolore, a Morante dell’Isola di Arturo, a Ortese del Porto di Toledo. In Althénopis le diverse voci dei personaggi si dispongono dinanzi ad uno specchio autobiografico a partire da quella storia naturale della distruzione che collega il bombardamento dell’infanzia al terremoto dell’età adulta (il romanzo, pubblicato nell’anno del terremoto dell’Irpinia, racconta il soggiorno della protagonista durante la seconda guerra mondiale in un paesino campano). Il terremoto-bombardamento offre all’autrice la metafora per narrare e per narrarsi in Althénopis, per raccogliere i frammenti della memoria, per ricostruire la “città distrutta” (il tempo che si annienta nell’oblio) in una mappa di ricordi della “vita irreale” che attraverso la strategia della parodia produce il controcanto della tragedia, come segnala la citazione dal Don Chisciotte che insiste sulla soglia del libro nell’epigrafe del primo capitolo: «Amico Sancio, devi sapere che io nacqui, per volere del cielo, in questa nostra età del ferro, per ripristinare in essa quella dell’oro».
2015
Fabrizia Ramondino, autobiografia
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.12071/1055
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